Thomas Patch a Firenze. La memoria del Medioevo e del Rinascimento
Nel trecentenario della nascita di Thomas Patch (Exeter, 1725 – Firenze, 1782), Firenze ricorda l’artista inglese con questa mostra che indaga il suo rapporto con la città e la sua attività editoriale, rivelando un capitolo cruciale della storia del gusto europeo tra Settecento e Ottocento.
Nato e cresciuto in Inghilterra (Exeter, 1725) Patch si stabilì a Firenze nel 1755, dopo il periodo romano interrotto da un’espulsione papale, trovando nella città gigliata la sua patria d’elezione. Qui divenne un punto di riferimento per la comunità anglofona riunita intorno a Sir Horace Mann e fu contemporaneamente interlocutore di eruditi, aristocratici e artisti. Talentuoso pittore di vedute e sagace caricaturista, Patch legò il suo nome al lavoro di conoscitore e divulgatore dell’arte toscana tra Trecento e Quattrocento, epoca allora definita dei primitivi, anticipando l’ampia fortuna critica che avrebbero conosciuto nell’Ottocento.
La mostra presenta infatti le sue pregevoli pubblicazioni su Giotto, Masaccio, Ghiberti, Fra Bartolomeo della Porta, insieme ad alcune porzioni di affreschi della Cappella Manetti in Santa Maria del Carmine, recuperate dallo stesso artista prima dello smantellamento della cappella e straordinariamente esposti. Mediante le sue incisioni Patch restituì al pubblico europeo i capolavori di questi artisti, promuovendone la conoscenza e la valorizzazione.
Il percorso espositivo mette in luce le principali imprese editoriali dell’artista, tra cui The Life of Masaccio (1770), The Life of Fra Bartolomeo della Porta (1772) e The Life of Giotto (1772), oltre alla serie di incisioni dedicate alla Porta del Paradiso del Battistero di Firenze (1772-1774), realizzata in collaborazione con Ferdinando Gregori e intitolata Thirty-four Engravings of the Third Gate of the Baptistery of St. John in the City of Florence.
Furono questi lavori che contribuirono a costruire un canone visivo del Medioevo e del primo Rinascimento accessibile al pubblico europeo.
Ad ospitare la mostra è significativamente il Museo Stefano Bardini, creando così un ideale dialogo con il collezionista inglese Stefano Bardini, che nell’Ottocento fondò la propria attività proprio sul recupero e la valorizzazione di opere antiche e affreschi staccati e a cui è dedicato il museo civico.
Nato e cresciuto in Inghilterra (Exeter, 1725) Patch si stabilì a Firenze nel 1755, dopo il periodo romano interrotto da un’espulsione papale, trovando nella città gigliata la sua patria d’elezione. Qui divenne un punto di riferimento per la comunità anglofona riunita intorno a Sir Horace Mann e fu contemporaneamente interlocutore di eruditi, aristocratici e artisti. Talentuoso pittore di vedute e sagace caricaturista, Patch legò il suo nome al lavoro di conoscitore e divulgatore dell’arte toscana tra Trecento e Quattrocento, epoca allora definita dei primitivi, anticipando l’ampia fortuna critica che avrebbero conosciuto nell’Ottocento.
La mostra presenta infatti le sue pregevoli pubblicazioni su Giotto, Masaccio, Ghiberti, Fra Bartolomeo della Porta, insieme ad alcune porzioni di affreschi della Cappella Manetti in Santa Maria del Carmine, recuperate dallo stesso artista prima dello smantellamento della cappella e straordinariamente esposti. Mediante le sue incisioni Patch restituì al pubblico europeo i capolavori di questi artisti, promuovendone la conoscenza e la valorizzazione.
Il percorso espositivo mette in luce le principali imprese editoriali dell’artista, tra cui The Life of Masaccio (1770), The Life of Fra Bartolomeo della Porta (1772) e The Life of Giotto (1772), oltre alla serie di incisioni dedicate alla Porta del Paradiso del Battistero di Firenze (1772-1774), realizzata in collaborazione con Ferdinando Gregori e intitolata Thirty-four Engravings of the Third Gate of the Baptistery of St. John in the City of Florence.
Furono questi lavori che contribuirono a costruire un canone visivo del Medioevo e del primo Rinascimento accessibile al pubblico europeo.
Ad ospitare la mostra è significativamente il Museo Stefano Bardini, creando così un ideale dialogo con il collezionista inglese Stefano Bardini, che nell’Ottocento fondò la propria attività proprio sul recupero e la valorizzazione di opere antiche e affreschi staccati e a cui è dedicato il museo civico.
Informazioni:
Note di accesso:

Accesso diretto dalla biglietteria e inserimento nel primo slot di visita disponibile.
Ultimo ingresso 1 ora prima della chiusura.
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